Di Luigi Rubinelli
Continua il resoconto delle relazioni e i dibattiti svolti al festival Pianeta Terra, tenutosi a Lucca dal 6 al 9 ottobre (leggi qui e qui). Un inciso soltanto: Sofidel ha un concetto di difesa dell’ambiente e di produzione sostenibile, unico nel suo genere. È sicuramente unico nella categoria della carta, dove è leader. Al leader comportano oneri e onori, è sempre il leader a fare da apripista nel mercato, specialmente nel largo consumo. E infatti Sofidel è main sponsor del festival e l’Ad Luigi Lazzareschi suggerisce alla Gdo, in questo contesto, alcuni comportamenti di breve e lungo periodo sui prodotti e la loro credibilità a scaffale. Segue Carlin Petrini e la McKinsey.
Luigi Lazzareschi, Ad Sofidel
L’industria cartaria è uno dei cinque settori energivori, soprattutto di gas, usato per l’asciugatura della carta. Quest’anno per l’aumento del prezzo del gas abbiamo 600 mio di costi aggiuntivi, capite bene che un intervento della politica italiana non basta, ci vuole un intervento europeo. Al contrario l’incidenza dell’energia elettrica varia da paese a paese, in Francia ad esempio il prezzo non è aumentato per l’alta incidenza del nucleare, in Svezia per l’uso del propano liquido che non è aumentato.
In Sofidel abbiamo installato 3 mio di mq di pannelli fotovoltaici. In Svezia usiamo le biomasse, abbiamo una centrale in uso e un’altra in costruzione, un nuovo impianto che usa segatura e produce syngas, gas di sintesi, con 0 emissioni di CO2. In Francia usiamo le biomasse o il bio-metano da allevamenti di bestiame. In Italia non è possibile. A Monfalcone in Friuli forse riusciremo a produrre energia con un impianto a syngas.
Il consumatore è frastornato dal green washing prodotto dalle referenze ‘senza’ che trova sugli scaffali dei supermercati, non fa ricerche, anche guardando le etichette, ma vuole prodotti sostenibili in vendita nella Gdo.
Ci vogliono certificazioni vere di prodotto che indichino in modo chiaro in etichetta, ad esempio:
- Lca, lyfe cicle assessement, cioè il ciclo di vita del prodotto,
- quanta acqua è stata utilizzata per la produzione di quella referenza,
- il contenuto di carbone,
- se la cellulosa usata proviene da foreste certificate.
Insomma, dovrebbe essere sempre presente un rating Esc, di sostenibilità, certificato da enti terzi.
Abbiamo sintonizzato i nostri fornitori a tutto questo, ma lo stesso dovrebbe fare la Gdo nei confronti di tutti i fornitori che utilizza e di fatto rappresenta. In questo modo si eviterebbe di fare green washing a piene mani.
Riccardo Balducci, Energy & environment director di Sofidel
Le industrie devono educare il consumatore e il cittadino alla sostenibilità attraverso un percorso valoriale, che superi i concetti di prodotto e di prezzo.
Carlin Petrini, fondatore di Slow Food
Mi domandate se la nostra sovranità alimentare è a rischio? No, non lo è perché non c’è, basta vedere se è presente nei dibattiti politici o in quelli fra le persone. Non è presente, quindi il rischio è molto basso.
Il responsabile del disastro dell’ambiente è soprattutto il sistema alimentare e tutta la sua filiera:
- è responsabile del 37% di emissioni di CO2, di cui il 24% proviene dagli allevamenti e il 13% dalla trasformazione e dalla distribuzione dei prodotti alimentari
- la mobilità (aerei e auto) è responsabile ‘solo’ del 17%.
- 900 mio di persone soffrono la fame
- 1,7 mld di persone soffrono di cattiva alimentazione
Cosa dice la McKinsey
Secondo la Mc Kinsey (che non era presente a Pianeta Terra, ma vale la pena ricordare il suo studio perché in line con il festival):
- lo spreco alimentare nel mondo è pari a 2 mld di tonnellate,
- vale 600 mld di dollari,
- e rappresenta fra il 33 e il 40% della produzione totale.
Una possibile intesa fra produttori e distributori potrebbe portare a riutilizzare questi alimenti destinandoli a:
- consumi per l’uomo,
- biomasse,
Questo porterebbe:
- a un abbassamento del 9% di emissioni di CO2,
- i produttori potrebbero ridurre i listini del 10%,
- i distributori potrebbero abbassare i listini del 6%.
Il nuovo potenziale di mercato così prodotto potrebbe valere 80 mld di $, sviluppando nuove attività.
Continua Petrini:
Tutti noi siamo complici di questo sistema, dobbiamo cambiare i nostri comportamenti:
- scegliere e comprare cibi locali,
- privilegiare la stagionalità,
- ridurre lo spreco, comprare di meno e utilizzare tutto l’acquistato,
- ridurre le proteine a cominciare dalla carne
- ridurre la plastica e i prodotti che over pack (una busta di prosciutto ha 5 fette di prosciutto, il resto è tutta plastica),
- dobbiamo rivendicare la politicità dei nostri atti, nella vita quotidiana e nei rapporti con le altre persone.
Gli allevamenti intensivi minacciano la bio-diversità, ricordiamoci che:
- il 50% dei mammiferi vive negli allevamenti
- il 14% dei mammiferi vive in libertà,
- il 36% è l’uomo.
Il termine sustainability ha il prefisso sustain che nel pianoforte è il pedale che allunga il suono. In Francia hanno tradotto sustainability con durable, durevole, cioè è una attività che deve durare nel tempo e suona socialmente ed economicamente molto meglio.
Anche la distribuzione ha partecipato in questi anni al disastro ambientale; socialmente parlando, ha costretto alla chiusura i negozi di vicinato, producendo miseria nei nostri borghi, che sono diventati dei dormitori.