Oggi vi raccontiamo una storia. Che potrebbe sembrare una di quelle classiche barzellette su “Un italiano, un francese e un americano”. In realtà, purtroppo, è un reale spaccato di come vanno le cose in Italia.
Ieri si è tenuta l’assemblea online del Gruppo produzione conto terzi. Che, con le sue 163 imprese (di cui 50 del packaging), rappresenta il 29% delle 568 imprese associate a Cosmetica Italia. E che nel 2019 ha registrato un fatturato di 1,66 miliardi di euro, facendo segnare un +3,5% sul 2018. Durante l’evento si è parlato di ‘Fare impresa durante l’emergenza Covid-19’, ma il sottotitolo emerso da tutti gli speech è stato più o meno questo: “Governo e burocrazia sono il male dell’Italia” (cit.).
In apertura, Patrizia Poggiali, presidente del Gpct, ha sottolineato come anche durante un terremoto come la pandemia di quest’anno le aziende cosmetiche abbiano dimostrato resistenza, resilienza, ma soprattutto, senso di responsabilità a tutto tondo. Renato Ancorotti, presidente di Cosmetica Italia, ha parlato di un’emergenza e una crisi senza precedenti, dalla quale trarre insegnamento, e ha invitato tutta la filiera cosmetica italiana a fare squadra per far valere il comparto cosmetico, gioiello del made in Italy.
E’ stata però la tavola rotonda a trasmettere, con esempi concreti, la tenacia degli imprenditori italiani. Tutti hanno parlato delle preoccupazioni verso i propri dipendenti, spaventati non solo dalla possibilità dei contagi, ma anche dal distanziamento sociale. Per questo sono state avviate iniziative per la messa in sicurezza di luoghi e persone (spesso le aziende si sono create delle linee guida in autonomia, per ripartire subito e non dover aspettare i tempi biblici dei decreti), sono stati rivisitati i turni di lavoro e attivate assicurazioni, ma soprattutto si è cercato di dare sostegno morale e, nel limite del possibile, di alleggerire il peso della situazione con, ad esempio, qualche bicchiere di vino o una bottiglia di grappa. L’attenzione è stata rivolta anche ai clienti, nel cercare di evadere il più possibile gli ordini. Per ovviare al fermo dei consumi di cosmetici e al tempo stesso soddisfare il bisogno di gel igienizzanti e mascherine, sono state messe in atto riconversioni lampo delle produzioni, dimostrando grande prontezza e flessibilità. Tutto molto bello. Ma poi arriva il brutto. “Sono stufo di sentire dire che l’Italia è un Paese di grandi imprese, con uno Stato non all’altezza: preferirei fossimo aziende meno in gamba ma con un Governo più efficiente, più disposto ad aiutarci”. Questo lo sfogo di un relatore al quale si sono uniti tutti gli altri.
Ed ecco la barzelletta. Germano Scarpa, presidente di Biofarma, ha spiegato che in aprile l’azienda ha presentato al ministero della Salute la domanda per trasformare i propri gel igienizzanti in disinfettanti a presidio medico chirurgico. Ebbene, stanno ancora aspettando la risposta, nonostante la ‘procedura semplificata’. Nel frattempo, un cliente francese attendeva la fornitura di questi gel che, spediti in Francia, hanno ottenuto l’autorizzazione dal Ministero francese in soli due giorni. Non solo. Subito dopo la società francese ha iniziato a venderli anche in Italia. Oltre al danno la beffa. Altro capitolo quello dei finanziamenti, per accedere ai quali bisogna intraprendere un’avventura da Odissea, perdendosi in un labirinto di documenti e dichiarazioni. La filiale americana di Biofarma, invece, ha fatto domanda di aiuti al Governo a stelle e strisce: in pochissimo tempo sono arrivati 157mila dollari, che, se l’azienda rispetterà determinate condizioni, resteranno a fondo perso.
Altro tema scottante è stato sollevato da Federico Mocchetti della Nastritex: “La settimana prossima scade il periodo accordato per le casse integrazioni e non si sa ancora come proseguire. Ma un’azienda deve pur organizzare le attività per tempo, è assurdo!”. Così come assurdi sono stati i tempi per ottenere la certificazione per le nuove mascherine realizzate dall’azienda: “Sulla carta 48 ore. Nei fatti 48 giorni”.
Critiche sono state rivolte anche all’incompetenza dei Ministeri, all’assenteismo negli uffici pubblici (con Inps e Inail deserti, senza la possibilità di ottenere documenti), all’incomprensibilità dei certi decreti. Il rappresentante di un’azienda ha anche fatto presente un episodio al limite del ridicolo: “In piena crisi sono state fatte ispezioni da parte delle Autorità per verificare il rispetto delle regole nelle aziende. A una di queste è stata comminata una multa per la semplice mancanza di un cartello, mentre il resto, cose ben più importanti, era tutto in regola”. In alcune farmacie le forze dell’ordine hanno anche sigillato gli scaffali della cosmetica, come se non fosse vendibile, ma per fortuna Cosmetica Italia ha risolto in poco tempo la questione con la Prefettura.
Insomma “Uno Stato contro le imprese, invece che con le imprese”, ha lamentato un imprenditore. Un commento a tutto questo? Emilio Fede direbbe: “Che figura di m…!”.