Sono tanti i segnali che invitano la società dei consumi a ‘correre ai ripari’. Uno su tutti la carenza o le difficoltà di rifornimento delle materie prime. Il blocco del Canale di Suez insegna.
Di Irene Galimberti
Di recente la cronaca mondiale è stata animata da un fatto sorprendente. Che a sua volta rischia di provocare la mancanza di un prodotto di uso quotidiano: la carta igienica.
Il 23 marzo la portacontainer Ever Given, proveniente dalla Cina, si è incagliata nel Canale di Suez. E’ finita di traverso e per quasi una settimana ha bloccato la viabilità a tutte le altre imbarcazioni.
Al di là del fatto in sé, che in un primo momento potrebbe strappare un sorriso ai meno accorti, basta poco per accorgersi che i risvolti sono tutt’altro che simpatici. Soprattutto se si considerano i numeri. Anzitutto la nave in questione è una delle più grandi a solcare i mari del mondo: alta come due palazzi (oltre 30 metri) e lunga come quattro campi di calcio, per oltre 200mila tonnellate di peso complessivo. Al momento dell’incidente, il carico contava circa 20mila container.
Ancora più spaventosi i danni stimati. 400 il numero delle imbarcazioni bloccate, tra cui quasi 30 petroliere e, oltre a quelle che trasportano merci, anche migliaia di animali fermi in mare per giorni. Secondo un’analisi di Bloomberg, a ogni giornata è corrisposto un blocco di beni pari a 9,6 miliardi di dollari (oltre 8,1 miliardi di euro). Dal Canale di Suez passa infatti circa il 12% del commercio mondiale e circa il 7% del trasporto globale di petrolio, che per l’incidente ha registrato aumenti oltre i 60 dollari a barile (quasi 51 euro). Questo fermo prolungato ha messo a dura prova l’economia mondiale, già compromessa da un anno di pandemia. E soprattutto ha messo ancor più in evidenza quanto siano precari gli equilibri del nostro sistema economico mondiale. Ingranaggi che, al minimo inceppamento, fanno scricchiolare tutta la macchina.
Ma in tutto questo, cosa c’entra la carta igienica? Uno dei più grandi produttori di pasta di legno (un terzo di quella distribuita in tutto il mondo) ha segnalato probabili ritardi nella fornitura mondiale di questo materiale, necessario per la produzione dei rotoli che popolano le nostre toilette. Infatti, il colosso brasiliano Suzano Papel e Celulose ha comunicato che il blocco del Canale ha rappresentato un vero colpo di grazia per il settore. Le misure restrittive connesse alla pandemia avevano già limitato fortemente la quantità di container sul mercato. E quelli disponibili vengono utilizzati per materiali più ‘redditizi’ a scapito di altre commodity, le cui spedizioni vengono puntualmente ritardate. Ad esempio, la ripresa del mercato cinese (il premier Li Keqian ha stimato, per il 2021, un Pil a oltre +6%) ha causato una forte richiesta di materie prime nell’area. Come la plastica, di cui abbiamo già parlato, o le barre di acciaio con nervature, utilizzate per produrre il calcestruzzo. Questo costringe lo slittamento dell’invio di pasta di legno. Inoltre, il blocco del Canale ritarda ulteriormente le consegne, così il rischio di fermo per i produttori che non abbiano sufficienti scorte di materiale è molto alto.
Non solo. Sono schizzati anche i costi di spedizione dei container, quelli legati ai trasporti marittimi e, quindi, anche i prezzi di molti beni essenziali tra cui la carta igienica.
Insomma, siamo la società delle tecnologie all’avanguardia, dell’innovazione, della ricerca scientifica, del “tutto è possibile”, eppure, mai come in questi ultimi tempi, ci siamo resi conto di quanto sia impossibile mantenere tutto sotto controllo. E non si sta parlando solo, ovviamente, di restare senza carta igienica. In questo il Covid 19, con tutte le sue conseguenze, è stato determinante. Tematiche come il rispetto per il Pianeta e lo sfruttamento delle risorse sono tornate prepotentemente alla ribalta. E anche l’industria e la distribuzione si trovano a dover fronteggiare difficoltà legate a queste storiche problematiche. Perché, considerando tutti gli aspetti della vita di questa società dei consumi, diventa davvero necessario che tutti i componenti della ‘catena di montaggio’ del nostro mondo trovino soluzioni alternative, a bassi impatti e sostenibili.