L’azienda della famiglia Conter gestisce 44 punti vendita a marchio Despar, Eurospar, Interspar e Alta Sfera. Pesante l’impatto dello stop all’Horeca. Che ha causato il mancato pagamento di fornitori e maestranze.
Di Federico Robbe
Si aggrava la crisi del gruppo L’Alco di Rovato (Brescia) che comprende L’Alco Spa, Alco grandi magazzini e Centri commerciali Spa. Gestisce 44 punti vendita a marchio Despar, Eurospar, Interspar e Cash&Carry Alta Sfera in Lombardia, e ha chiuso il 2019 con un fatturato di oltre 200 milioni di euro.
Una storia imprenditoriale, quella dei Conter, che si inserisce tra le grandi famiglie della distribuzione lombarda: i Caprotti, i Panizza, i Franchini, giusto per fare qualche nome. Capostipite del gruppo bresciano è Giacomo Conter, affiancato poi dai figli Giuseppe e Annamaria.
Uomo d’altri tempi, Giacomo è partito da un solo supermercato e ha fatto tutte le tappe della gavetta, fino a far crescere il gruppo. Girava con un’auto vecchia di vent’anni. E va detto che erano d’altri tempi anche i pagamenti: alla fine del mese i fornitori presentavano la fattura e si mettevano in fila per ritirare il loro bell’assegno. Questo fino agli inizi del Duemila, poi bonifici hanno un po’ stravolto tutto, trattative comprese. Bonifici che, negli ultimi tempi, si sono fatti attendere.
Ma qual è il fattore all’origine del dissesto? Fonti solitamente bene informate parlano di due centri logistici nel bresciano, che avrebbero dovuto essere di aiuto per il gruppo, rendendo tutti i rifornimenti più agili. Ma non hanno mantenuto le promesse. E sono stati chiusi nel dicembre 2017 con un pesante strascico di scioperi, picchetti, agitazioni che hanno coinvolto circa 120 lavoratori.
All’inizio dell’anno scorso le diverse problematiche erano state scongiurate grazie al contratto di solidarietà, che ha evitato 160 esuberi annunciati (su circa 750 dipendenti). Ma la crisi è continuata: dall’estate ci sono stati ritardi nel pagamento degli stipendi, e proprio in questi giorni i sindacati hanno diffuso una nota congiunta segnalando che non sarebbero stati accreditati il mese di dicembre e la tredicesima. Il gruppo avrebbe anche seri problemi a pagare i fornitori. “Non ci sono informazioni certe né garanzie sui salari e pagamenti”, notano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, confermando lo stato di agitazione.
Nella conferenza stampa del 20 gennaio a Brescia, le sigle sindacali hanno ribadito l’esigenza di trovare una soluzione costruttiva. Anche perché il gruppo, a fine 2019, aveva presentato un piano di rilancio “di tutto rispetto”, sempre secondo i sindacati. Tra le misure previste, la chiusura di 11 punti vendita poco produttivi e il ricollocamento del personale, senza ricadute sull’occupazione.
Con il Covid, numerosi punti vendita hanno aumentato il fatturato. Ma il vero tallone d’Achille sono i Cash&Carry, penalizzati dalla chiusura dell’Horeca. Qui le perdite sono state pesantissime e hanno inciso sui numeri del gruppo. “La società ha chiesto la cassa integrazione Covid per l’Alco Spa, che non stava beneficiando di ammortizzatori sociali”, hanno precisato i sindacalisti. “In primavera, vista l’aggravarsi della situazione finanziaria, è stata sospesa la solidarietà per chiedere la cassa Covid anche per le altre due aziende”.
Con il passare dei mesi, la situazione è ulteriormente peggiorata a causa delle continue difficoltà della ristorazione. E la carenza di liquidità ha portato al mancato pagamento dei fornitori. Da qui agli scaffali vuoti è un attimo. Come il più classico cane che si morde la coda, l’assortimento ridotto non ha certo invogliato la clientela.
Vale la pena aggiungere che non risultano condotte sopra le righe da parte della famiglia Conter. Come confermano i sindacati e diverse aziende. “Giacomo Conter si è sempre comportato in maniera corretta. Forse il cambio generazionale, come tutte le transizioni, ha creato qualche problema”, sottolinea un fornitore.
Ma cosa ne sarà, ora, del gruppo? Secondo fonti solitamente bene informate, sul piatto ci sarebbe l’offerta di Italmark, di proprietà della famiglia Odolini. L’acquirente pare abbia chiesto che ci siano prima 200 uscite volontarie incentivate. Impresa non facile, di questi tempi. L’alternativa è portare i libri in tribunale.
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