Roma – “Se i dazi venissero confermati al 30%, per diversi prodotti chimici il mercato americano diventerebbe di fatto inaccessibile”: così dichiara al Sole 24 Ore Francesco Buzzella, presidente di Federchimica. Che esprime preoccupazione per i dazi di Trump, che complicano ulteriormente la situazione in cui costi energetici e di regolamentazione costituiscono delle difficoltà per il settore.

Il settore “in Italia, dal 2021, ha perso l’11% del valore della produzione. E il 2025 chiuderà con un -1,5% dopo i numeri negativi degli ultimi tre anni”, prosegue Buzzella. Per la chimica, gli Usa sono il quarto mercato di destinazione, con un export pari a quasi 3 miliardi di euro, su 40 miliardi totali.

Si teme anche il rischio che Paesi come la Cina dirottino le esportazioni verso l’Europa. “Saremmo doppiamente danneggiati: un riorientamento dei prodotti cinesi verso il mercato europeo aggraverebbe la già forte pressione competitiva. Nei primi quattro mesi del 2025, la quota cinese sull’import italiano è aumentata del 24%”. Le grandi aziende multinazionali potrebbero iniziare a spostare la propria produzione negli Stati Uniti, ma la maggior parte delle aziende associate a Federchimica sono Pmi fortemente radicate in Italia.

L’energia è tra le principali preoccupazioni per il settore, che è più sensibile al suo costo a causa dell’utilizzo di fonti fossili anche come materie prime. L’eccesso di regolamentazione in questo ambito costituisce anch’esso una criticità; ci sono però aspettative positive da parte delle imprese dopo la presentazione del Piano d’Azione Ue per l’industria chimica. La Rete europea delle regioni chimiche (Ecrn) è stata riconosciuta come una delle piattaforme chiave per lo sviluppo dei siti chimici critici della Ue. “Ne viene sottolineato il ruolo nel rafforzare gli ecosistemi industriali, guidare l’innovazione e sostenere la decarbonizzazione. Tale approccio integrato dovrà accompagnare l’industria chimica lungo una traiettoria di transizione graduale e sostenibile”.