La povertà di igiene nel nostro Paese è un problema reale, che genera emarginazione e isolamento. Di seguito i dati del primo Osservatorio sul tema promosso da Dixan e Cesvi.
Di Alice Giannetta
In Italia, la mancanza di pulizia è una realtà spesso ignorata ma dalle conseguenze gravi. A tal proposito, Dixan, storica marca della multinazionale tedesca Henkel, insieme a Cesvi, importante organizzazione non governativa che opera in ambito umanitario, ha presentato i dati del primo Osservatorio sulla povertà di igiene in Italia. La ricerca, condotta con il supporto di Ipsos, ha messo in luce un fenomeno che colpisce fino al 10% delle famiglie italiane, le quali non hanno accesso ad abiti puliti o alla possibilità di lavarsi regolarmente.
La povertà di igiene, definita come l’impossibilità di sostenere le spese necessarie per mantenere un’adeguata pulizia personale e dei propri indumenti, colpisce tra l’1% e il 10% dei nuclei familiari nel nostro Paese. E, nonostante l’80% degli italiani abbia sentito parlare di questo problema, solo il 15% dichiara di conoscerlo bene. La diffusione delle informazioni avviene principalmente attraverso la televisione e l’esperienza personale: il 41% degli intervistati ha vissuto direttamente situazioni di mancanza di igiene o ne ha sentito parlare da amici e parenti. Secondo gli intervistati, i gruppi più colpiti sono gli anziani (43%), gli stranieri provenienti da territori in difficoltà (36%), i lavoratori precari (21%) e le famiglie numerose (19%). Un punto cruciale, però, spetta alle conseguenze di questo problema, molteplici e spesso sottovalutate. Solo il 51% degli italiani riconosce il rischio di isolamento ed emarginazione sociale, e il 32% considera i problemi di salute derivanti dalla scarsa igiene personale. Per i bambini, questa condizione può portare a fenomeni di bullismo e a un conseguente abbassamento dell’autostima. Un altro dato preoccupante deriva dal mondo del lavoro: il 14% degli intervistati ritiene che uno dei propri colleghi non possa permettersi l’accesso ai servizi igienici di base.
Ma quali sono le realtà che dovrebbero fungere da supporto a queste situazioni al limite? Secondo la ricerca, gli italiani vedono le istituzioni nazionali (58%) ed europee (35%) come i principali responsabili a dover sostenere le famiglie in difficoltà, seguite dalle organizzazioni no profit (24%) e dalle grandi aziende del territorio (12%). Una nota positiva emerge dalla fiducia nelle partnership tra Ong e le imprese: il 73% degli italiani vede positivamente queste collaborazioni, ritenendo credibile soprattutto l’impegno delle aziende che commercializzano prodotti per la cura della casa e della persona.
La ricerca di Ipsos ha inoltre evidenziato come la percezione della povertà in Italia sia spesso distorta. Due italiani su tre (64%) sovrastimano la percentuale di famiglie in difficoltà economiche: a differenza del reale 10%, il percepito è ben peggiore e tocca punte che vanno dall’11% a ben oltre il 30%. A cui si aggiunge che più del 70% degli intervistati esprime una visione negativa del futuro economico del paese. La metà degli italiani si dichiara insoddisfatta della propria situazione economica e ritiene che essa non migliorerà. Un terzo delle famiglie italiane non è in grado di affrontare spese impreviste di 1000 euro, a conferma di una diffusa precarietà economica. Le donne, in particolare, mostrano un maggiore pessimismo: il 76% delle intervistate è insoddisfatto delle proprie condizioni economiche, e il 64% non vede prospettive di miglioramento per il futuro, anzi ritiene che il Paese stia andando nella direzione sbagliata e che il futuro non riservi margini di miglioramento. Una situazione decisamente preoccupante, per cui le istituzioni dovrebbero attivarsi sin da subito.