Di Luigi Rubinelli

Ci sono due fatti importanti nel libro appena uscito di Giuseppe Caprotti (Le ossa dei Caprotti, Feltrinelli, 20 euro):

  • la volontà di Giuseppe nella ricostruzione meticolosa dei fatti, personali e famigliari e aziendali, documentandoli e intrecciandoli con la storia del territorio e in parte anche dell’Italia, elevando Esselunga, e quindi il retail, a una funzione strutturale dell’economia nazionale che non ha mai avuto,
  • l’editore, Feltrinelli. Non è un caso: la mamma di Giuseppe era amica di Inge Feltrinelli.

Il libro è stato redatto nel tempo, tanto tempo e vuole essere, probabilmente, da una parte una sorta di riscatto morale e professionale perché racconta la verità di Giuseppe sui fatti famigliari e su quelli aziendali, e dall’altra un contributo storico a chi si occupa da tempo di retail e di economia.

Se pensavate quindi di sapere tutto su quel periodo (1986-2004) nel quale Giuseppe Caprotti ricopre molte funzioni interne all’azienda fino a diventare amministratore delegato, vi sbagliate perché il libro contiene diversi episodi non conosciuti, sia personali sia aziendali e quindi converrà che compriate il libro per meglio documentarvi. Personalmente studio Esselunga dal 1982, ho ricordi scritti e orali e visivi di questo periodo, ma devo ammettere che ho trovato spunti e situazioni che non conoscevo.

Il libro è scritto con passione e sentimento, si legge velocemente nonostante le 389 pagine.

Ecco alcuni passaggi chiave:

La nascita di Esselunga

James Hugh Angleton e la Ibec di Nelson Rockfeller, tramite il suo braccio destro Richard Boogaart, per aprire alcuni supermercati a Milano si affidano ai contatti dei fratelli Crespi (editori del Corriere della Sera) e di Marco Brunelli come azionisti di minoranza nella nuova società. Brunelli proporrà poi a Rockefeller di far entrare come azionisti anche Bernardo e Guido Caprotti. Ma l’uomo di riferimento di Rockefeller rimarrà Marco Brunelli. In pratica il libro di Giuseppe Caprotti demolisce il mito che Esselunga sia sta opera intera di suo padre Bernardo. In realtà si legge nel libro che furono i consulenti americani voluti da Boogaart a dare l’immagine operativa del supermercato, che nelle linee guida, doveva essere in tutto un supermercato americano. Nel 1959 Esselunga si dota di un panificio per rifornire i punti di vendita e l’anno successivo di una torrefazione: sono i primi passi per far diventare Esselunga sia produttore che retailer. Come lo è oggi. Le lungaggini per avere i permessi per le aperture dei supermercati però portarono all’uscita degli americani dalla società.

I rapporti fra Bernardo Caprotti e Marco Brunelli non erano idilliaci.

Con Claudio Caprotti Marco Brunelli aprirà un supermercato a Roma nell’ex area del Villaggio Olimpico e svilupperanno una rete di vendita che nel 1966 verrà ceduta alla Sme, la holding di Stato e aprirà anche a Milano quelli che poi saranno i supermercati GS e poi ancora Carrefour che faranno concorrenza a Esselunga.

Insomma: compare o ricompare Marco Brunelli che molti hanno dimenticato nelle ricostruzioni di Esselunga.

Nel frattempo Bernardo Caprotti va negli Stati Uniti, studia con attenzione il concept dei supermercati e propone alla Ibec di Rockefeller di acquistare la maggioranza delle azioni di Esselunga. Brunelli esce di scena.

Il libro prosegue per diverse pagine mettendo al centro gli sviluppi della famiglia, stretta e allargata.

Nel 1974 Bernardo Caprotti introduce il primo centro di elaborazione dati, utilizzando macchine IBM. Comincia a comprare i prodotti freschi direttamente e ragiona su una nuova logistica.

Nei primi anni ’80 Bernardo Caprotti istituisce una scuola interna per macellai e gastronomi.

Continua lo sviluppo della produzione in proprio di pasta, pane e caffè. Aumenta la superficie di vendita dei nuovi negozi.

Giuseppe Caprotti nel 1986 entra nell’ufficio tecnico di Esselunga, ma dopo poco meno di 18 mesi, grazie al fornitore di IBM va in America a lavorare da Dominick’s: è operaio generico e poi scaffalista e cassiere. Studia il superstore e l’integrazione con il non grocery e il non food e impara la gestione dei prodotti a calcolare la redditività, a capire i planogrammi, a gestire i fornitori.

Cosa ha introdotto Giuseppe Caprotti in Esselunga

Torna a Pioltello forte di una esperienza pronta all’uso, ma incontra la chiusura dei vecchi dirigenti e di Paolo De Gennis, il direttore generale (successivamente anch’esso licenziato). Va avanti sull’ampliamento del non food e in due anni nelle grandi superfici passa da 6 a 27.000 referenze. Introduce carrelli diversi, grandi e piccoli con linee di casse differenti, ecco i sacchetti gialli rinforzati per mettere la spesa a posto. Una mezza rivoluzione. Impone il planogramma per evitare confusione nelle corsie soprattutto nel momento delle promozioni. Fonda l’ufficio acquisti del non food e individua alcuni negozi pilota per testare i nuovi planogrammi da superstore. In Toscana fa valorizzare i prodotti del territorio e inizia la vendita dell’ortofrutta sfusa: si può comprare anche una sola mela. De Gennis storce il naso. I direttori di punto vendita assumono un nuovo ruolo.

In mezzo ad altre grandi e piccole innovazioni Giuseppe introduce metodi di contabilità industriale con nuove logiche di impostazione degli assortimenti. Istituisce al mercoledì mattina una riunione di confronto per tutti gli uffici che si occupano di acquisti, vendite e marketing: vale più una squadra dell’io della singola persona. Nel 1994 introduce l’ufficio marketing (promozioni e grafica interna), del quale diventerà direttore e lavorerà con sua sorella Violetta che si occuperà di comunicazione. E poi ecco le prime ricerche di mercato, Nielsen e IRi, impensabili fino a pochi mesi prima. Subito dopo è pronto il lancio della Fidaty, la carta fidelity studiata da Violetta negli Usa.

Sempre nel 1994 con un accordo con la tedesca Rewe viene lanciata una catena discount con insegna Penny Market, la proprietà è paritetica. Dura cinque anni, peccato.

Subentrano poi vari momenti e episodi legati alle quote societarie della capogruppo e delle altre società. L’agenzia Armando Testa, sotto la regia di Violetta, incentra le prime campagne pubblicitarie sui concetti di qualità, più che di prezzo: Famosi per la Qualità, con una serie di soggetti rimasti nella storia della comunicazione.

Non mancano le battaglie contro i monopoli: gli editori di libri e il prezzo imposto, le condizioni di vendita imposte da Coca Cola che finisce sulla prima pagina del Wall Street Journal, il latte per neonati, il bio versus Coop (che sfocerà successivamente in Falce e Carrello).

Esselunga precursore nell’e-commerce e le 4 Mercedes nere

Nel 1999 ecco il progetto dell’e-commerce e la vendita via internet, aiutati da McKinsey, ma con Bernardo Caprotti dissenziente e nel 2001 il primo esperimento di Esselunga a casa attraverso il dark store di Monza San Fruttuoso: sono periodi tumultuosi, che segnano in profondità i rapporti padre-figlio, ma ci sono già i primi risultati positivi e comunque la strada dello sviluppo delle vendite on line è tracciata. Sullo sviluppo diverso dal passato delle risorse umane ci sarebbe molto da dire perché è stato terreno di scontro: Esselunga era un’azienda apicale, uno decide e tutti obbediscono: introdurre i processi di lavoro di squadra non deve essere stata una passeggiata. Come non lo è stato la nuova contrattazione con i fornitori per l’erogazione dei contributi promozionali a fronte di precisi obiettivi di vendita, che fino a quel momento Esselunga non aveva, superando il modello di margine di primo livello con lo sconto in fattura. Per non parlare di condizioni commerciali: entrando in ESD, la centrale acquisti multi insegna, Giuseppe Caprotti scopre di avere condizioni di fornitura peggiori di tanti concorrenti di Esselunga.

Ci sono moltissimi altri episodi di cambiamento o ampliamento descritti nel libro e voluti da Giuseppe Caprotti, di inciampi famigliari e di bastoni fra le ruote (De Gennis, dice Giuseppe nel libro, docet) anche quando Giuseppe diventa amministratore delegato.

Ho letto anche la parte rimanente del libro, ma non la cito per non fare da spalla a Giuseppe e per non togliere la sorpresa a chi leggerà il libro. Ho fatto un riassunto delle molte cose fatte che hanno inciso sul passato e sul presente e sul futuro di Esselunga e si vedono bene nei punti di vendita, sul sito, sul brand Esselunga, perché molti mi hanno chiesto dopo il 2004: ma perché Bernardo ha licenziato Giuseppe? Ho sentito tante ipotesi, la gran parte negative, sia sulla parte umana sia su quella professionale, che non hanno tenuto conto, non tengono conto, dei tanti cambiamenti incoraggiati e voluti da Giuseppe in Esselunga. Giuseppe ha fatto bene a pubblicare questo libro (forse il titolo poteva essere diverso) per rivalutare il suo ruolo in Esselunga, per un riscatto seppur tardivo, terminato quella mattina presto del 2004 quando nel cortile di Limito di Pioltello ci sono parcheggiate 4 Mercedes nere.

Non entro nel merito dei rapporti fra padre e figlio. Mi interessa solo mettere in evidenza il lavoro fatto da Giuseppe per far grande Esselunga, che è anche l’insegna (insieme a Coop) dove faccio principalmente la mia spesa tri-settimanale, in linea con i cambiamenti acquisto di tutti noi, che le società di ricerca ben documentano.

Buona lettura.

Foto tratta dal sito www.giuseppecaprotti.it