Roma – Il presidente di Aefi (che associa 42 quartieri fieristici) e Ad di Veronafiere, Maurizio Danese, fa il punto sul mercato italiano, sottolineando come “i ricavi all’estero delle fiere rappresentino solo il 9% del totale, contro il 27% della Germania, il 20% della Francia e l’80% del Regno Unito“, spiega a ItaliaOggi. Danese ricorda poi che “l’industria espositiva italiana è quarta a livello globale e seconda in Europa, dietro la Germania”; il settore sta comunque soffrendo a causa del caro prezzi e del caro energia: “Emergenze che stanno impatteranno sulla redditività, nonostante la ripresa del mercato e il buon andamento delle fiere e quindi del fatturato. Inoltre inizia a farsi sentire anche il problema della mancanza di manodopera, soprattutto sul lato degli allestimenti. Durante la chiusura fieristica molte maestranze specializzate si sono trasferire in altri settori”. Inoltre il Covid si fa ancora sentire: “Nel 2022 si stima una flessione tra il 20 e il 25% rispetto agli anni pre-pandemia”. Queste difficoltà, comunque, “hanno cementato il sistema fieristico che ha lavorato in un’ottica di squadra rispetto alle istanze e alle politiche di salvaguardia e di rilancio”.
Quanto alle richieste delle aziende, il presidente di Aefi dichiara che le imprese chiedono “servizi e internazionalizzazione”. Le fiere “rappresentano un anello di congiunzione insostituibile tra l’economia globale e il sistema produttivo, continuando a essere un asset imprescindibile per intercettare e presidiare i mercati chiave per il made in Italy”. In termini più generali, ricorda sempre Danese, “l’industria fieristica genera un impatto sui territori, tra servizi, trasporti, ospitalità e salari, quantificabili in 22,5 miliardi di euro l’anno, per un valore aggiunto stimato di 10,6 miliardi di euro, pari allo 0,7% del Pil”.