Roma – Adm (Associazione distribuzione moderna) si appella all’industria per chiedere una moratoria sugli aumenti dei listini, anche quelli già programmati, almeno fino ad aprile 2023. L’associazione, che rappresenta l’85% della Gdo italiana con un giro d’affari di oltre 140 miliardi, prende così una posizione netta. “Siamo preoccupati a causa di un’inflazione che si avvicina pericolosamente al 13-14%“, spiega Marco Pedroni, presidente Adm, al Sole 24 Ore, “mentre le famiglie sono in difficoltà per la perdita di potere d’acquisto che pesa soprattutto sulla parte più debole della popolazione. Con i nuovi listini la maggioranza dei produttori applica gli aumenti intorno al 15% e così nell’arco di due anni, tra il 2022 e il 2023, si arriverà a un +40%”.

Secondo Pedroni, la situazione del 2022 è diversa rispetto a quella del 2021, e quindi anche i rapporti commerciali tra industria e distribuzione devono cambiare: “Le quotazioni di parecchie materie prime si sono raffreddate, per questo pensiamo che gli aumenti prospettati non siano coerenti con il nuovo corso e molte industrie, molti fornitori, nell’incertezza giocano d’anticipo aumentando i listini. Siamo di fronte a una situazione insostenibile e questi aumenti non si possono trasferire ai consumatori in una spirale recessiva che si autoalimenta”.

Da qui la proposta di una moratoria sull’aumento dei listini: “Chiediamo di fermare gli aumenti per almeno i primi quattro mesi del 2023, verificando i trend della congiuntura internazionale che potrebbe raffreddarsi. Si dovrebbe anche aprire un tavolo di confronto tra industria e distribuzione per condividere un piano di azioni comuni per frenare l’inflazione studiando soluzioni ad hoc”, spiega Pedroni. Che sottolinea anche come la Gdo abbia assorbito una parte significativa degli aumenti concessi all’industria: “Quest’anno perderemo una quota importante di marginalità netta che per la Gdo al massimo arriva all’1,5-2% mentre per l’industria è al 6-7%. Il crollo dei volumi porta ulteriori difficoltà al conto economico. Nelle ultime settimane c’è un calo dei pezzi venduti intorno all’8% e un primo abbassamento del valore del carrello della spesa”.