Roma – Report, la rubrica settimanale di Rai3 condotta da Sigfrido Ranucci, nella puntata del 3 gennaio, ha lanciato un servizio sul bene e il male del mercato digitale. Nello specifico, il giornalista Emanuele Bellano è andato fino a Pittsburgh, in Pennsylvania, per un’indagine sugli effetti del ruolo di Amazon negli ultimi 15 anni. E ha testimoniato la desertificazione delle aree commerciali, soprattutto nei sobborghi, la chiusura di grandi centri commerciali in periferia, e casi di riconversione di alcuni magazzini abbandonati (ex Walmart, Sears, JCPenny) in centri logistici di Amazon. Il colosso dell’e-commerce, per esempio, in America sfrutta i magazzini della Sears, catena fallita nel 2019 (proprio a causa della concorrenza dell’e-commerce), per incrementare la velocità delle consegne nel centro delle città. Una situazione ampiamente anticipata in un editoriale del nostro direttore Angelo Frigerio, del settembre 2017, dal titolo: ‘E-commerce: uno strumento di distruzione socio economica di massa’. Anche in Italia la situazione è simile. A Fiumicino, lo scorso 27 marzo, ha chiuso l’ipermercato Auchan del centro commerciale Leonardo, causando collateralmente anche la chiusura dei negozi limitrofi e la svalutazione degli immobili di zona, oltre a lasciare migliaia di metri quadri di struttura deserti e abbandonati. La struttura ha riaperto a fine settembre con insegna Emisfero (Unicomm) e 60 dipendenti ex Auchan sono stati riassunti. Altri sono diventati driver di Amazon, e i negozianti hanno modificato il proprio business aprendo i loro spazi sul marketplace virtuale. Tuttavia, Report, tramite un venditore intervistato, denuncia pagamenti sospesi o negati unilateralmente e commissioni calcolate sui costi oltre che sui guadagni dei venditori, i quali sono spinti ad accettare determinate regole se vogliono mantenere i propri spazi sul marketplace. È il caso di richieste per rinnovi di collaborazione con un incremento delle trattenute (dal 6% al 16%) o della dilazione dei pagamenti nei confronti del venditore da 30 a 90 giorni. Oppure, ancora, la richiesta di Amazon di alcuni documenti sensibili, come le fatture con i nomi dei fornitori e i prezzi d’acquisto. Il colosso dell’e-commerce ha dichiarato, in risposta al servizio, che non conoscendo l’identità dell’intervistato non può verificare il caso specifico, ma d’altra parte fa sapere che, nel 2020, i casi di reclamo sono stati tutti risolti nel giro di 24 ore in media.