Sigilli della Guardia di finanza al gruppo, che gestisce 13 supermercati a marchio Conad e Todis, tra Palermo e provincia. Sequestri per 150 milioni al patron, Carmelo Lucchese. Che avrebbe “sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra”.

di Federico Robbe

Sono pesantissime le accuse contro Gamac, società con sede legale a Milano e base operativa a Carini (Palermo), che gestisce 13 punti vendita a marchio Conad e Todis. Tutti nel palermitano. Il gruppo ha sviluppato nel 2019 un fatturato di circa 80 milioni di euro e avrebbe accresciuto la propria rete commerciale grazie all’aiuto decisivo della mafia. È questa la principale accusa alla base del sequestro da 150 milioni disposto ieri dal Tribunale misure di prevenzione di Palermo. Destinatario è Carmelo Lucchese, 55 anni, finora incensurato. Nell’ambito dell’operazione ‘Schiticchio’, le autorità hanno disposto il sequestro del gruppo, nato proprio dall’attivismo di Lucchese: è lui ad aver sviluppato l’attività di famiglia fino a farla diventare un piccolo impero della grande distribuzione alimentare.

Oltre al sequestro delle quote societarie Gamac, i cui punti vendita rimangono aperti, i finanzieri hanno posto i sigilli a 7 immobili, di cui una villa in zona Pagliarelli a Palermo, 61 rapporti bancari, 5 polizze assicurative, 16 autovetture, tra cui 2 Porsche Macan.

La progressione del gruppo (nel 1998 fatturava appena 4,5 milioni) sarebbe avvenuta anche con il supporto della mafia e, in particolare, delle cosche di Bagheria. Tramite la presunta vicinanza ai clan, spiegano gli investigatori, Lucchese avrebbe scoraggiato la concorrenza, “anche attraverso il danneggiamento”.

L’imprenditore avrebbe remunerato con ingenti somme gli esponenti dei clan mafiosi, arrivando ad assumere anche loro familiari nei punti vendita come ricompensa per il ruolo decisivo svolto in alcuni momenti cruciali nel percorso di espansione commerciale.

“Seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, Lucchese ha sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra”, scrivono i magistrati. Tra Lucchese e i boss, dunque, ci sarebbe stato uno scambio reciproco, continuo e di lunga data. Che avrebbe consentito al gruppo di crescere e prosperare.

Ma non finisce qui. Le indagini hanno rilevato la disponibilità manifestata da Lucchese a una famiglia mafiosa di Bagheria per dare rifugio a Bernardo Provenzano nell’ultimo periodo della sua latitanza. “Anche se poi non se ne fece nulla”, precisa il pentito Sergio Flamia. Eppure, fonti di Palermo solitamente bene informate sottolineano: “Lucchese ha sempre tenuto un basso profilo e non era molto noto in città. Sinceramente, vista la situazione, ci saremmo aspettati di vedere altri nomi invischiati in faccende poco trasparenti”.

Altro punto da chiarire riguarda le voci che circolavano prima di Natale. “I 13 punti vendita a marchio Todis e Conad di Palermo e provincia”, scriveva Fisascat Cisl di Palermo in una nota, “sembra che possano essere chiusi o ceduti. Secondo indiscrezioni sembrerebbe che, nelle more di una definizione di eventuali percorsi di cessione possano intanto tornare in capo al mondo Conad”.

 

IL COMMENTO

di Angelo Frigerio

La questione è spessa. Molto spessa. Se fosse vera tutta la ricostruzione dei magistrati, ci troveremmo di fronte all’ennesimo caso di infiltrazioni mafiose nell’ambito di attività commerciali. Di certo i supermercati sono appetibili da parte della criminalità organizzata che ha bisogno di riciclare i guadagni dal traffico di droga e dintorni. E’ un attimo, la sera, buttare in cassa denaro fresco e scontrinare il tutto. Un nota bene: nessuno vuole mettere in discussione Conad e Todis. Ma, in determinate situazioni e di fronte a crescite improvvise di fatturati, le affiliazioni andrebbero attentamente monitorate. Altrimenti si rischia di gettare fango su due realtà che possono avere molti difetti ma non certo quello di essere colluse con la mafia.

 

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