“Servono interventi su fisco e previdenza. Le tasse troppo alte penalizzano le imprese e le famiglie”. Parole e musica di Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia. No, quello sulla carica non è un erroraccio da matita blu. È proprio ‘super Mario’ a pronunciare l’invettiva in qualità di numero uno di Bankitalia. Correva l’anno 2007. C’era il governo Prodi e due vecchie volpi come Massimo D’Alema e Francesco Rutelli erano vicepremier. L’Inter vinceva il suo 15esimo scudetto (con cinque giornate d’anticipo), il Milan vinceva la Champions league. E Steve Jobs lasciava il mondo a bocca aperta presentando l’iPhone. Una vita fa.
Ma Draghi già ci aveva visto lungo. Abbattere la pressione fiscale resta una priorità per le imprese e per le famiglie italiane. Il premier incaricato ha un vantaggio non da poco rispetto a un altro Mario (il senatore a vita Monti) a capo del governo tecnico di 10 anni fa. Hanno in comune il nome, la caratura internazionale e le giuste entrature nei salotti che contano, ma la loro missione è ben diversa. Il bocconiano in loden aveva il compito di rimettere in sesto le finanze del Paese con una manovra lacrime e sangue; Draghi arriva per spendere i 209 miliardi di euro del Recovery Fund.
Ecco allora che, avendo un po’ il polso della situazione tramite il gran numero di aziende con cui abbiamo a che fare, ci permettiamo qualche consiglio.
Il primo riguarda proprio le tasse di cui sopra: urgono interventi strutturali in materia di costo del lavoro. E il taglio, ancor più in tempi di pandemia, deve coinvolgere le imprese a tutto tondo, come ha scritto ieri Luca Ricolfi su Italia Oggi auspicando un’imposta al 12,5%, come in Irlanda.
Anche sui giovani l’Italia ha bisogno di uno scatto in avanti. Bisogna defiscalizzare le assunzioni, certo. Ma anche valorizzare i giovani nelle imprese e nelle istituzioni, evitando che fuggano all’estero per non tornare mai più. Del resto, quello dei giovani è un tema assai caro all’ex presidente della Bce. Nel suo ultimo intervento pubblico, in scena al Meeting di Rimini lo scorso agosto, ha detto: “Ai giovani bisogna però dare di più: i sussidi finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione professionale. Privare i giovani del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza”.
A questo proposito – terzo consiglio – i sussidi come il reddito di cittadinanza e i bonus a pioggia, dai monopattini ai rubinetti, sono una scempiaggine di cui faremmo volentieri a meno. “I sussidi che vengono ovunque distribuiti”, commentava sempre Draghi dal palco del Meeting, “sono una prima forma di vicinanza della società a coloro che sono più colpiti, specialmente a coloro che hanno tante volte provato a reagire. I sussidi servono a sopravvivere, a ripartire”. Ma certo non bastano per vivere e programmare a lungo termine.
Sempre in tema di trovate dell’ultimo governo, confidiamo che Draghi dia il benservito anche al cashback di Stato: un flop clamoroso, con un rimborso medio di appena 18 euro. Una cifra ben lontana dai 150 euro riscattabili e annunciati in pompa magna da Conte.
Infine, quinto e ultimo consiglio, ‘super Mario’ dovrebbe rimettere mano al contestato sistema dei Ristori: anche qui, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Lo si può verificare andando a vedere le cifre ridicole erogate a ristoranti e bar. C’è poi il pasticcio delle fiere, che ad oggi hanno avuto solo l’1,8% dei fondi stanziati. E c’è anche chi non vedrà il becco di un quattrino, come gli allestitori e le imprese che operano in franchising. Citando sempre Ricolfi, il governo giallorosso ha messo in piedi una “società parassita di massa in cui una minoranza lavora e il resto della popolazione campa di sussidi”. Draghi ha tutte le carte in regola per rimettere in moto il Paese. E poi la scorsa estate Giggino Di Maio ha detto di lui: “Mi ha fatto un’ottima impressione”. Quindi ci sentiamo tutti più tranquilli…