Battuta d’arresto nel percorso di fusione tra la fiera del capoluogo emiliano e Italian exhibition group.
I soci litigano su governance e poltrone. Intanto il tempo stringe…
Di Federico Robbe
Sembra più tormentato del previsto il percorso che porterà alla fusione tra Bologna Fiere e Ieg (Rimini e Vicenza). Come nel più classico dei matrimoni, i due enti fieristici litigano già.
Location che significano eventi importanti per l’industria italiana. Soprattutto Bologna, che ospita Marca (private label), Sana (biologico) e, l’appuntamento del beauty per eccellenza, Cosmoprof. Che proprio ieri è stato rimandato a settembre, in concomitanza con Sana, per sfruttare appieno le sinergie fra i due eventi, come hanno spiegato gli organizzatori alla nostra redazione.
Eppure, non più tardi di ottobre, veniva diffusa una nota congiunta con l’ipotesi di chiudere a maggio, in cui si legge: “L’operazione è volta a dare vita al principale operatore italiano del settore, in grado di competere, anche grazie alla propria capacità organizzativa in Italia e all’estero, con i più importanti player internazionali, facendosi portavoce del made in Italy e, al contempo, mantenendo un forte legame con i territori”.
Ma i nodi da sciogliere, a pochi mesi dalla deadline, sono ancora tanti. Tra cui la governance, il nome e, ovviamente, le poltrone. Complica il quadro il gran numero di soggetti da mettere d’accordo, sia da una parte che dall’altra. Soci pubblici e privati con idee, interessi e ambizioni differenti.
Sulla governance, per esempio, l’intesa è ancora lontana. Pesa il fatto che Ieg sia quotata in Borsa, mentre BolognaFiere no. I soci pubblici (Comune, Città metropolitana, Camera di commercio di Bologna, Regione e gli azionisti di Rimini Congressi) hanno intenzione di creare una holding, conferendovi le proprie azioni. A questa holding farebbe capo la maggioranza di Ieg, che continuerà a essere quotata a Piazza Affari. E a distribuire dividendi, si spera.
Resta comunque la diversità di vedute tra i soci pubblici. Bologna punta dritto alla fusione, mentre Rimini insiste con la holding. Intanto, il no alla proposta di Rimini prende quota grazie al sostegno delle associazioni di categoria e degli altri azionisti privati (come la Fondazione Carisbo), preoccupati di essere tagliati fuori da una realtà pubblica, ma anche della possibile risposta negativa del mercato. Una soluzione, quella della holding, su cui anche il sindaco bolognese Merola non pare per nulla convinto.
Neanche sul nome, Bologna e Rimini hanno trovato la quadra. L’ipotesi Born (dalle sigle di Bologna e Rimini) è naufragata in breve tempo. Pare dunque che la nuova società manterrà il nome Ieg, senza riferimenti al quartiere fieristico bolognese.
Ma il nodo principale – guarda un po’ – è quello delle poltrone: per la presidenza resta in pole il dominus di Ieg, Lorenzo Cagnoni. Ma anche Andrea Gnassi pare interessato. A breve scadrà il suo mandato di sindaco e ha già annunciato che non si ripresenterà. Vedremo chi la spunterà. Il numero uno di Bologna, Gianpiero Calzolari, sarà molto probabilmente il vice. Due saranno gli amministratori delegati: Antonio Bruzzone (Bologna Fiere) e Corrado Peraboni (Ieg).
C’è accordo sulla composizione del nuovo Cda a 13: la lista di Comune, Città metropolitana, Camera di commercio di Bologna e azionisti di Rimini Congressi dovrebbe avere otto posti. Un altro spetterà alla Regione e un altro ancora lo eleggerà Vicenza. Se i soci privati bolognesi dovessero mettersi d’accordo, dovrebbero riuscire a eleggere due consiglieri: di questi, un posto andrebbe all’asse Confindustria-coop, mentre l’altro a Confartigianato e Fondazione Carisbo. L’ultimo seggio, da quanto si apprende, verrebbe destinato agli altri soci privati. Proprio ieri, sempre in tema di poltrone, la regione Emilia Romagna ha emesso una nota in cui annuncia di voler “accrescere la propria partecipazione al capitale sociale e a sostenere il progetto industriale di sviluppo della nuova società”. Un segnale forte e chiaro, non c’è dubbio.
Insomma, se non si vedono segnali di rottura imminente, non abbiamo alcuna certezza sulle tempistiche. Proprio in un settore duramente provato dalla pandemia. In attesa dei dati definitivi, Bologna Fiere prevede una perdita da 45 milioni nel 2020, mentre Ieg nei primi nove mesi ha dimezzato i ricavi. Tradotto: le due fiere, da sole, potrebbero avere serie difficoltà a sopravvivere.