Sburocratizzare, alleggerire, semplificare. Parole con cui i Governi si sono spesso riempiti la bocca, per facili e allettanti promesse da marinaio. Un miraggio per imprese e cittadini italiani. Tra il dire e il fare infatti, si sa, c’è di mezzo il mare. E sembra che di giorno in giorno aumentino i timbri, le autorizzazioni e le montagne di documenti da gestire per qualsiasi pratica. Anche in tempi di emergenza, la situazione non cambia, anzi…

Torniamo a parlare della caldissima, e ancora irrisolta, questione dell’Iva applicata ai saponi. Lo scorso 26 giugno abbiamo segnalato le difficoltà da parte di aziende e catene distributive nell’interpretare univocamente il provvedimento previsto dall’art. 124 del Dl 34 (19 maggio 2020). Che, tra le misure urgenti connesse alla pandemia da Covid-19, dispone anche l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per i ‘detergenti disinfettanti per mani’, fino al 31 dicembre 2020. Sulla base della circolare esplicativa pubblicata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli il 30 maggio, che comprende i codici Taric 3401, non classificati però come Pmc, alcune aziende stanno vendendo i saponi tradizionali senza Iva. Altre realtà restano invece più caute, temendo di incorrere in sanzioni penali. Intanto sul mercato ci sono prodotti venduti a prezzi che differenziano (almeno) di 22 punti percentuali. Le imprese, le catene, i commercialisti, gli avvocati e anche Cosmetica Italia tramite Confindustria si sono mossi per chiedere chiarimenti, chi all’Agenzia delle dogane, chi all’Agenzia delle entrate. Anche la nostra redazione ha provato a chiedere la giusta interpretazione al ministero della Salute, all’Agenzia delle entrate, al ministero dell’Economia e all’Agenzia delle dogane: “La domanda è semplice”, abbiamo scritto, “in questa categoria [detergenti disinfettanti per mani, ndr] sono inclusi anche i saponi tradizionali (liquidi e solidi)? Oppure solo i prodotti disinfettanti e quindi solo i Presidi medici chirurgici? Certi che comprendiate quanto la situazione per i produttori sia già complicata in questo periodo, confidiamo in un chiarimento tempestivo”. Sono passati due mesi interi. E nessuno ha ricevuto alcuna risposta. O meglio, una addetta dell’ufficio relazioni con il pubblico del ministero della Salute, a metà luglio, ha inoltrato la nostra richiesta al Segretariato e direzioni generali del MinSal, chiedendo “cortese richiesta di riscontro diretto”. Non ricevendo alcun riscontro, abbiamo provato a telefonare, ma risponde una registrazione che comunica: “L’ufficio relazioni con il pubblico, in questo periodo emergenziale, risponde agli utenti per iscritto”. Ci abbiamo riprovato, ma sembra proprio che il termine ‘tempestivo’ non si addica ai nostri interlocutori. Insomma, le richieste di aiuto del sistema produttivo italiano si perdono nei meandri della burocrazia.

Questa estate, però, è arrivata anche una buona notizia. L’onorevole Benedetta Fiorini, segretario della commissione attività produttive della Camera dei deputati e responsabile del dipartimento eccellenze italiane di Forza Italia, ha presentato un Ordine del giorno grazie al quale il Governo si è impegnato a valutare l’opportunità di riconoscere l’applicazione di un’aliquota Iva agevolata sui prodotti essenziali di igiene personale. Un piccolo passo verso un’importante misura che il presidente di Cosmetica Italia, Renato Ancorotti, richiede fin dal suo primo discorso, nel giugno 2018, quando ancora la pandemia non aveva reso strettamente indispensabili queste referenze.

Chiudiamo facendo nostro il sollecito, forte e chiaro, che il presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, ha indirizzato alle Istituzioni italiane durante un suo intervento nel luglio 2019: “Tra i fattori che penalizzano la competitività del sistema produttivo italiano e ostacolano il fare impresa, il più importante risulta essere ancora l’eccessivo livello di burocrazia percepita dagli operatori, che appesantisce in modo rilevante la regolazione delle attività economiche”.